Recensioni

L'irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo

AutoreValentina Pisanty
Generesaggio
AreaAttività Scientifica
Casa editriceBompiani
Anno2014


Pisanty, semiologa, ripubblica con Bompiani la sua tesi di dottorato sulla struttura pseudo-argomentativa delle tesi negazioniste. La nuova edizione è stata rivista dall'autrice per essere maggiormente accessibile a un pubblico non specializzato ed è accompagnata da un'appendice dedicata agli aspetti di  maggiore attualità che il negazionismo viene a presentare, vuoi per la sua diffusione sul web vuoi per la sua trasversalità sul piano politico, dove fautori di posizioni negazioniste si trovano tanto tra le destre xenofobe quanto nel mondo arabo e in un certo milieu della sinistra antisionista. Fornire alle diverse declinazioni del negazionismo una risposta sul piano metodologico è dunque scopo della nuova edizione.  Tale risposta, scrive Pisanty seguendo Vidal-Naquet, non comporta parlare con i negazionisti bensì parlare dei negazionisti fornendo gli strumenti atti a individuarne la fallacia argomentativa. Procedendo a un confronto serrato con le principali tesi negazioniste Pisanty mostra come dietro la mancata adesione agli standard richiesti alla ricerca storiografica si celi il comune riferimento alla tesi del complotto, presupposto imprescindibile al negazionista per poter legittimare la propria impresa. La reciproca esclusione tra tesi del complotto e criteri scientifici  richiede anzitutto la specificazione di questi ultimi, dall'autrice sintetizzati nel richiamo all'economia interpretativa di Eco e al paradigma nell'epistemologia di Kuhn. Secondo Eco accettiamo un insieme di prove "perché è più ragionevolmente economico accettarle che passare il tempo a metterle in dubbio" (p. 90) dove, continua Pisanty "il sospetto fine a se stesso non è segno di scrupolo scientifico" . Infatti, come scriveva M. Bloch "lo scetticismo programmatico non è un atteggiamento intellettuale più apprezzabile né più fecondo della credulità" (p. 43). In tal senso accettiamo le testimonianze che riportano dell'assassinio di Giulio Cesare poiché, posta la pluralità di fonti che riportano tale evento, "l'unico modo per giustificare un dubbio (...) sarebbe avanzare il sospetto che le varie testimonianze siano state controllate dall'alto" (p. 45). L'attendibilità delle fonti, analogamente a
quanto avviene a livello giuridico, sarà non già inficiata bensì corroborata dalla variazione di stili linguistici e di modalità descrittive – rispettivamente a seconda dell'autore e dell'angolo di visuale – così come l'eventuale presenza di elementi erronei non viene a inficiare in toto la prova bensì a renderne necessaria, mediante comparazione, la sua distinzione in elementi attendibili e non. Da qui, seguendo Kuhn, si muoverà a un paradigma esplicativo che si manterrà valido sin tanto che sia in grado di accordare la pluralità di fonti secondo un principio di coerenza soddisfacente. Paradigma suscettibile di revisione come mostra la discussione nella comunità scientifica circa cause e modalità del genocidio nazista. Ciò che si dimostra problematico nella posizione negazionista non è un eccesso di criticismo, bensì il rifiuto di accettare il principio economico (assunzione fonti di diversa provenienza e convergenti) e la mancata delineazione di un paradigma esplicativo (che non si risolva nel virtuale annullamento delle stesse fonti da esplicare). Lungi dall’esprimere perplessità a partire dall'analisi delle fonti, i negazionisti si rivolgono ad esse a partire dal presupposto del complotto cui attribuire la riscrittura arbitraria della storia. In tal senso una lettura che muove da un presupposto (politico) non può che porsi, metodologicamente, fuori dall'ambito della ricerca. Che la tesi del complotto sia l'esito del confronto con le fonti – e non il suo presupposto – è precisamente la menzogna del negazionista ed è per smascherarla che l'autrice conduce il lettore a confrontarsi con le modalità specifiche con cui i negazionisti vengono a distorcere le prove. Pisanty mostra come il negazionista faccia appello ai particolari contraddittori presenti nelle fonti per negare la veridicità dell'evento riportato secondo la "strategia argomentativa del falsus in uno, falsus in omnibus". Così si invertono i criteri metodologici visti in riferimento all'esempio di G. Cesare: ogni variazione di stile linguistico, ogni differente descrizione, ogni errore interno alle testimonianze, verrà assunto dal negazionista non già come naturale cambio di registro linguistico, di angolo di visuale o come umano errore, bensì come spia dell'inattendibilità della fonte. Il negazionista "si appiglia all'elemento dissonante" (p. 107) rinunciando a "leggere il testo secondo le regole del gioco culturalmente poste" (p. 64) cioè dimenticando, per fare un esempio tra i possibili, che i diari di un'adolescente (A. Frank) e il diario di un medico di Auschwitz (J. P. Kremer) non possono non presentare dissonanze tra loro e ambiguità od errori al loro interno. E' proprio per tali dissonanze e ambiguità che è richiesto il lavoro storico di comparazione e ricostruzione. Viceversa per il negazionista, che non sopporta "l'imprecisione della comunicazione umana e (...) la complessità dell'esperienza" (p. 228), "ogni testo la cui interpretazione non sia cristallina e univoca è da respingere in toto" (p. 125). L'attenzione al dettaglio, che, inserita in un contesto storiografico potrebbe rivelarsi utile, diviene espediente per sostenere l'illegittimità delle prove "secondo l'equazione errore = menzogna" (p. 154). Il riferimento a "un'istanza occulta" in base alla quale rifiutare "il concetto di casualità come fattore (...) dell'esperienza umana" (p. 46) consente di presentare la complessità delle fonti, derivata dal loro carattere reale e dunque spurio, come dimostrazione della loro manomissione e finanche invenzione. Se il negazionista vorrebbe aver accesso al dibattito storico appellandosi alla legittimità del dubbio in sede epistemologica, Pisanty mostra che, all'opposto, il negazionista muove da una certezza preventiva. Laddove il negazionista vorrebbe legittimare la propria lettura facendo l'occhiolino alla mentalità postmoderna e decostruzionista, l'autrice dimostra che, in contrasto con tale retorica, l'argomentazione negazionista presuppone una concezione della realtà come "criptogramma da decifrare" (p. 52), come dimostra l'approccio di Faurisson in sede letteraria ove questi nega ogni polisemia del testo. Lontana sia dalla "semiosi" che dalla "Verità assoluta", la storia, sulla scorta di E. H. Carr e Sebeok, si riconosce come  "attività degli interpreti" che si pone in quello spazio  "tra i fatti trascorsi e la loro ricostruzione" (p. 41). Ma l'interpretazione in sede storiografica, lungi dall'essere funzionale a presentare uno "schema onniesplicativo” in cui “riassorbire ogni contraddizione” (p. 60) è propedeutica a far parlare i fatti, a ricostruirli nella loro complessità. Il discorso storiografico è necessariamente suscettibile di progressivi accertamenti, in quanto opera a partire dal vuoto che i nazisti hanno cercato di lasciare dietro sé.  E' in tale contesto metodologico che si pone la questione delle camere a gas, irritante per il negazionista, scrive Pisanty, poiché mette in luce l'intenzionalità genocida. Delle camere a gas, sosterrà sempre il negazionista, non ci sono prove, posto che il dogma precostituito del complotto abbia stretto nelle maglie della lettura monocausale ogni dato e testimonianza, con l'intento di sgretolarne la credibilità. Alla provocazione negazionista non si risponde se non tornando al costante lavoro sulle fonti stesse. La ricerca avrà modo di aggiungere una molteplicità di elementi atti a fornirci un'immagine eventualmente diversa (dibattito su cause e modalità) del dato (deportazione e sterminio). Il negazionista non accetta l'esistenza delle camere a gas, l'intenzionalità genocida, non a dispetto delle fonti e dei dati, bensì in base alle fonti e ai dati i quali non sono altro, nella sua ottica, che la prova della manipolazione da parte di un supposto soggetto occulto. La mossa negazionista per evitare il confronto con le fonti è richiedere a queste di sottostare a una logica cristallina che non può presentarsi nella realtà: "pragmaticamente disadattati" (p. 228), incapaci di interagire con la complessità del dato reale, i negazionisti trovano nel fantasma del complotto (giudaico o sionista), e nella conseguente supposta menzogna delle camere a gas, la chimera con cui spiegare ogni cosa. Lo schema causale del complotto è tanto lineare quanto falso, tanto funzionale quanto irrazionale. Cedere intellettualmente al negazionismo significherebbe consegnare la realtà alla superstizione impedendo alla ricerca di progredire.
 
Cosimo Nicolini Coen